Le parole della psicologia cognitiva2- .

Le parole della psicologia cognitiva

HINKLE Dennis

Dennis Hinkle, chi era costui?” avrebbe detto Don Abbondio ed effettivamente non sono molti i terapeuti (anche tra i cognitivisti) che ne ricordino il nome e l’operato. Era un allievo di Kelly (prima o poi alla K parlerò anche di lui…) e nel 1965 ideò il laddering, lo strumento per riconoscere le emozioni ed i pensieri sovraordinati dei pazienti di cui abbiamo parlato la settimana scorsa. Lo descrisse nella sua tesi di dottorato, ma questa non ebbe la “dignità di stampa”, né il suo lavoro fu mai pubblicato negli anni seguenti. La metodica invece fu ripresa da altri terapeuti che la fecero conoscere e la diffusero. Ho scelto di dedicare a Hinkle la parola della settimana per un doveroso riconoscimento postumo, ma anche perché sapere che una delle tecniche più utilizzate al mondo non ha una pubblicazione di riferimento, mi fa riflettere su una caratteristica fondamentale della psicoterapia cognitiva (che per brevità chiamerò CBT): non avere bisogno di citare “santi in paradiso” o padri fondatori per avvalorare il proprio intervento psicoterapeutico. Per un Cognitivista non ha senso chiedersi: “Quanto sto facendo con il paziente è congruo col modello di Beck, o di Ellis o di Kelly, come potrebbe fare uno psicanalista, riferendosi alle teorie dei suoi padri fondatori. Questo non significa sminuirne il valore, ma riconoscerne i limiti legati al livello delle conoscenze scientifiche del tempo in cui sono vissuti.
Non credo che la NASA, pur riconoscendo l’importanza di Galileo nella storia dell’astronomia, organizzerebbe pellegrinaggi a Padova o a Pisa per imparare a costruire un telescopio spaziale…
L’idea di fondo non è quella di non avere modelli teorici, ma di non considerarli fissi, immutabili, o di pensare di agire “alla moda di…” che non solo nella scienza, ma anche nell’arte, non ritengo una buona scelta, come insegnano i dipinti dei manieristi. Al contrario l’intento è di esplorare continuamente quanto offrono le nuove scoperte neuroscientifiche, cercando di integrarlo con le conoscenze precedenti per offrire interventi sempre più efficaci. 
Questa modalità di procedere non è priva di rischi ed a volte può anche risultare confusiva per il paziente, che ad esempio incontri due terapeuti che pur dichiarandosi entrambi “cognitivo comportamentali” attuino interventi anche molto diversi sia dal punto di vista concettuale che da quello della pratica clinica. (Chiunque abbia frequentato un comportamentista ed un post razionalista sa di quel che parlo). Questo rischio a mio modesto parere è ampiamente ripagato dalla possibilità di integrare nuove conoscenze senza il timore di contraddire il pensiero dei fondatori, semplicemente pensando che le loro affermazioni erano basate su conoscenze limitate rispetto a quelle che possediamo oggi. La metafora, tratta dal pensiero umanistico, di essere dei nani sulle spalle di giganti, (molto più piccoli, ma in grado di vedere più lontano), mi pare quella che meglio riassume la mentalità cognitivista, ed è quella che più mi ha convinto a seguire questo approccio. Onore quindi a Hinkle ed a tutti quei “Signori H” che, pur senza aver rappresentato una pietra miliare della psicoterapia, hanno portato i loro 5 centesimi di conoscenza contribuendo a rendere la CBT migliore del giorno prima.


LADDERING

Il laddering è una tecnica della psicoterapia cognitiva, la parola in inglese significa arrampicarsi,
(da ladder, scala a pioli),  e  permette di andare su e giù nei pensieri del paziente come su una scala.  scala_biblioteca_x_sito
Fu ideata nel 1965 da Dennis Hinkle, allievo di George Kelly uno dei padri della psicoterapia cognitiva. Kelly pensava che la sofferenza psicologica non fosse tanto dovuta a quanto ci succede in sé, ma al significato che noi gli diamo ed alla catena di pensieri che costruiamo su quell’evento. Il laddering serve a scoprire queste catene di pensieri, generalmente non positivi.

Un esempio.
Ricevere una cartolina è generalmente ritenuto un evento meno negativo che ricevere una fucilata in un piede, ma per chi, durante la seconda guerra mondiale, temesse di partire per il fronte russo, l’arrivo della cartolina precetto era un evento talmente negativo che qualcuno tentò di evitarne le conseguenze sparandosi in un piede. Se avessimo voluto salire, (laddering up direbbero gli psicologi seri), nella scala dei  timori di un paziente in questa situazione fino a raggiungere un livello più alto di generalizzazione ed astrazione, avremmo potuto chiedergli: “cosa non le piace della cartolina?” ed alla sua risposta: “di finire in Russia”, avremmo continuato: “e cosa non le piace del finire in Russia?”, se ci avesse risposto: “ovviamente che mi ammazzino”, con solo due domande avremmo ricostruito la sua scala di pensieri.

Anche se sulla cartolina non è scritta la sua destinazione, è talmente sicuro di essere mandato in Russia e non a fare l’aviere a Mondovì e di finire tra i caduti, (e non tra i reduci con medaglia al valore, come il dottor Aimo che mi ha preceduto a Rocca de’ Baldi), che si vede già morto... e, "vedendosi morto, si mette paura!"

A quel punto potevamo continuare a chiedergli: “ cosa non ti piace se ti ammazzano?” ma di fronte alla sua faccia stupita ed alla canna della sua carabina che si spostava pericolosamente dal suo piede al nostro ginocchio, probabilmente avremmo avuto un’illuminazione (poche cose sono illuminanti come le carabine cariche viste di fronte) ed avremmo deciso di utilizzare il laddering down. Avremmo cioè percorso la scala nel senso opposto cercando di capire con un'altra domanda mirata (a proposito di carabine) quale fosse la conseguenza temuta, legata alla sua morte. Avremmo potuto chiedere: “cosa succede se muori?” e magari ci avrebbe risposto: “mia moglie ed i miei figli non avranno nessuno che li sostiene..” A quel punto la nostra attenzione ed il nostro lavoro di terapeuti, si sarebbe spostato dal timore della morte al suo senso di responsabilità come padre e marito e così via… (… se la stessa risposta fosse invece data da un paziente celibe e senza prole, suggerirei innanzitutto di defilarsi dalla linea di tiro della sua arma…)
Qualcuno obietterà che si sarebbe raggiunto lo stesso risultato con una chiacchierata, ma ci sarebbe voluto molto più tempo (che in terapia vuol dire denaro) ed il risultato, in una situazione più complessa di quella qui riportata, sarebbe stato molto più incerto.
Ma torniamo all’inventore del laddering, il nostro mister Hinkle, nel 1965 era un dottorando del professor George Kelly…
per  il resto della storia pazientate fino alla prossima settimana…

P.S. inutile cercarlo su Wikipedia, non c’è!